Parità di genere - Esonero contributivo per i datori di lavoro del settore privato

 

Messaggio Inps n. 2844 del 13-08-2024 - Esonero contributivo per i datori di lavoro del settore privato che siano in possesso della certificazione della parità di genere.
Chiarimenti riguardanti la modalità di trasmissione delle richieste. Differimento dei termini di presentazione delle domande per le certificazioni conseguite entro il 31 dicembre 2023

 (di Rossella Donnici, Centro studi Aniv)

 

L'Istituto Nazionale di previdenza, con il messaggio n.2844 del 13/08/2024 ha fornito dei chiarimenti in merito alla modalità di trasmissione delle richieste di esonero contributivo per i datori di lavoro del settore privato che siano in possesso della certificazione della parità di genere.

Si tratta di un esonero non superiore all’1% dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro indicati nella domanda di autorizzazione, fermo restando il limite massimo di 50.000 euro annui per ciascun beneficiario ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge n. 162/2021; i beneficiari sono i datori di lavoro privati che siano in possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (di seguito, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna), introdotto dall'articolo 4 della suddetta legge.

La certificazione di genere rappresenta una delle principali previsioni contenute nel PNRR nel quadro della priorità trasversale relativa alla parità di genere; si tratta di uno strumento che ha l’obiettivo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree che presentano maggiori criticità, come le opportunità di carriera, la parità salariale a parità di mansioni, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità.

parity man woman

L’adozione da parte degli imprenditori e delle imprenditrici della certificazione di genere viene sostenuta da appositi incentivi anche di natura fiscale. La certificazione della parità di genere viene rilasciata in conformità alla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, dagli Organismi di valutazione della conformità accreditati in questo ambito ai sensi del regolamento (CE) 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008. Pertanto, solo le certificazioni rilasciate dai citati Organismi, riportanti il marchio UNI e quello dell’Ente di accreditamento, sono valide ai fini del riconoscimento ai datori di lavoro privati del beneficio contributivo in argomento.

L’INPS, già con Circolare n.137/2022, ha illustrato l’esonero contributivo in argomento, fornendo le istruzioni operative per consentire, ai datori di lavoro che hanno conseguito la certificazione della parità di genere, di accedere alla misura di esonero nella prima campagna. La circolare ha stabilito la cumulabilità con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta e a condizione che per gli altri esoneri, di cui si intenda fruire, non sia espressamente previsto un divieto di cumulo con altri regimi agevolativi.

Ai fini dell’ammissione all’esonero in oggetto, i datori di lavoro in possesso della certificazione potranno inoltrare apposita domanda all’INPS, avvalendosi esclusivamente del modulo di istanza on-line “PAR_GEN” appositamente predisposto dall’Istituto sul sito internet www.inps.it, nella sezione denominata “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)”.

Con successivi Messaggi INPS n.1269/2023 e n. 4614/2023 sono stati forniti chiarimenti in merito alla compilazione delle domande di esonero, ove indicare, tra le altre informazioni necessarie, la retribuzione media mensile globale, e non quella del singolo lavoratore, relativa al periodo di validità della certificazione della parità di genere.

Tuttavia, dall’esame dei moduli di domanda presentati in occasione delle campagne di esonero, sono emerse delle difformità nelle dichiarazioni dei datori di lavoro, ragion per cui sono stati forniti gli ulteriori chiarimenti di cui al messaggio in argomento. Si è precisato che la retribuzione media mensile globale deve essere intesa come la media di tutte le retribuzioni mensili corrisposte dal datore di lavoro nel periodo di validità della certificazione. In sostanza, la retribuzione media mensile globale si riferisce a tutte le retribuzioni corrisposte o da corrispondere da parte del datore di lavoro interessato a beneficiare dell’esonero in oggetto, ovvero all’ammontare delle retribuzioni erogate o da erogare per la totalità dei lavoratori in carico all’azienda, e non alla retribuzione media dei singoli lavoratori.

Con il messaggio n. 2844 viene, altresì, differito al 15 ottobre 2024 il termine di presentazione delle domande di esonero per i datori di lavoro che abbiano conseguito la certificazione entro il 31 dicembre 2023 e che abbiano erroneamente compilato il campo relativo alla retribuzione media mensile globale stimata. Entro il termine perentorio indicato, i datori di lavoro dovranno rettificare i dati inseriti, previa rinuncia alla domanda presentata contenente le informazioni erronee, e presentare una nuova domanda, con l’esatta indicazione delle informazioni e, in particolare, della retribuzione media mensile globale, da calcolare secondo le indicazioni sopra specificate.

In fase di elaborazione massiva delle domande, in caso di domande con errori non rettificati, le stesse saranno accolte con il minore importo determinato sulla base della retribuzione media mensile globale stimata erroneamente indicata. Il risultato dell’elaborazione delle istanze verrà comunicato con nota in calce al modulo di istanza online presente all’interno del “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo) e indicazione dell’importo autorizzato.

Alle aziende autorizzate all’esonero sarà attribuito il codice di autorizzazione (CA) “4R”. Ai fini della verifica del possesso dei requisiti legittimanti la fruizione dell’esonero, il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica all’INPS i dati identificativi dei datori di lavoro del settore privato che siano in possesso della certificazione della parità di genere.

L’esonero autorizzato potrà essere fruito dal primo mese di validità della certificazione e per l’intero periodo di durata della stessa. L’accoglimento della domanda fa sì che l’esonero venga riconosciuto per tutti i 36 mesi di validità della certificazione, pertanto, i datori di lavoro privati, che hanno già presentato la domanda di esonero e che siano in possesso di un certificato di parità di genere, non devono ripresentare domanda.

Infine, il messaggio chiarisce che l’INPS procederà a sanatoria delle domande e al riconoscimento dell’esonero per l’intero periodo spettante, nei casi di erronea indicazione del periodo di validità della certificazione inferiore a 36 mesi da parte dei datori di lavoro. L’effettiva fruizione della misura di esonero potrà decorrere solo all’esito dell’elaborazione massiva delle istanze trasmesse.

Scarica il messaggio 2844

 

 

 


LE NUOVE REGOLE DELL’OBBLIGAZIONE SOLIDALE CONTRIBUTIVA

 

In materia di appalti di opere o servizi l'art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 prevede la responsabilità solidale del committente imprenditore o datore di lavoro con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per trattamenti retributivi, contributivi e assicurativi. Il decreto PNRR (D.L. 02/03/2024 n.19, convertito in Legge 29/04/2024 n. 56) con l’art. 29, comma 2 ha rafforzato le misure di contrasto all'utilizzo irregolare degli appalti, introducendo il nuovo comma 1-bis e un nuovo capoverso al comma 2.

 

(di Valerio Giusti, Centro studi Aniv)

 

 

L’art. 29, comma 2, D. L. 02/03/2024 n.19, convertito in Legge 29/04/2024 n. 56, ha modificato l’art. 29 del D.lgs 10/09/2003 n. 276, introducendo il nuovo comma 1-bis e un nuovo capoverso al comma 2.

Il nuovo comma 1-bis dell’art. 29 del D.lgs 10/09/2003 n. 276 introduce una novità di carattere contrattuale: “Al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nell’eventuale subappalto è corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”.

L’introduzione del nuovo comma comporterà che, al momento di verificare la regolarità contributiva dei lavoratori occupati nell'appalto (o subappalto), occorrerà accertare che la contribuzione sia stata calcolata su retribuzioni non inferiori a quelle previste dal nuovo comma 1 bis, ovvero sulle retribuzioni previste dai contratti collettivi maggiormente applicati in quel territorio per quella tipologia economica. La novella è data dal fatto che il nuovo comma introduce l'obbligo di applicare il contratto collettivo legato all'attività lavorativa effettivamente svolta nell’ambito dell’appalto.

Se da una parte la norma sembrerebbe chiarire l'impossibilità di applicare dei contratti generici in presenza di un'attività lavorativa ben specifica, resta il dubbio su come si debba individuare il contratto maggiormente applicato in un determinato settore o zona e quale sarà il CCNL su cui calcolare l’imponibile contributivo ed assicurativo anche alla luce delle altre norme vigenti.

Il D.L. 9 ottobre 1989, n. 338 convertito con modifiche in Legge 07 dicembre 1989, n. 389, recita che “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.

Mentre non appare particolarmente complesso individuare le organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, risulterebbe molto più arduo individuare quale possa essere il contratto maggiormente applicato in una determinata zona o territorio visto il numero consistente di contratti che risultano registrati nelle banche dati del CNEL. Senza contare che potrebbe verificarsi che, in un determinato territorio, la maggioranza dei datori di lavoro, in palese violazione dell’art.1 della L.389/89, potrebbe aver applicato ai propri dipendenti un contratto collettivo “nazionale” assolutamente non rappresentativo, uno di quei famigerati contratti pirata, che comportano retribuzioni e istituti contrattuali differiti (ferie, 13ma, ecc.) di importo nettamente inferiore con riduzione anche delle tutele in merito ad altre fattispecie come l’improprio utilizzo delle assenze non retribuite, il mancato riconoscimento della carenza per malattia, ecc.

Appare evidente che, al fine dell’individuazione dell’imponibile contributivo previdenziale ed assistenziale non si possa non tener conto del combinato disposto delle due norme e che il contratto più rappresentativo del territorio e/o settore merceologico individuato ai sensi del nuovo comma 1bis dell’art. 29 del D.lgs 276/2003, faccia parte dei contratti stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale o locale e/o individuale se migliorativi, come indica l’art. 1 della L.389/89, in una sorta di perfetta coesistenza delle due norme.

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Come già anticipato, l’art. 29, c. 2, D.L. 02/03/2024 n.19, convertito in L. 29/04/2024 n. 56, ha introdotto anche un nuovo capoverso al comma 2 dell’art. 29 del D.lgs 10/09/2003 n. 276: “Il presente comma si applica anche nelle ipotesi dell’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro nei casi di cui all’articolo 18, comma 2, nonché ai casi di appalto e di distacco di cui all’articolo 18, comma 5-bis.” 

I casi normati dai commi 2 e 5-bis citati dall’art. 18 del Decreto Legislativo 10/09/2003, n. 276, sono:

1) i casi di somministrazione di manodopera in assenza dei requisiti previsti dall’art.4, c.1, lettera a) e lettera b) del D.lgs 276/2003, ovvero la somministrazione di lavoratori da parte di datori di lavoro che non risultano inseriti nell’apposito albo istituito presso il Ministero del Lavoro previsto per le Agenzie autorizzate alla somministrazione di manodopera (art.18 c.2 D.lgs 276/2003);

2) i casi di appalto privo dei requisiti di cui all'articolo 29, comma 1, e di distacco privo dei requisiti di cui all'articolo 30, comma 1.

Con queste modifiche il legislatore ha voluto sottolineare che in tutti i casi di fornitura illecita di manodopera, formalmente occultata attraverso un utilizzo improprio degli strumenti contrattuali della somministrazione, dell’appalto, del subappalto, della subfornitura o del distacco, il vero datore di lavoro/utilizzatore e il formale pseudo-datore sono sempre e comunque obbligati in solido a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.

logistica 1

Occorre precisare che già oggi gli ispettori di vigilanza previdenziale, accertata la somministrazione illecita e/o fraudolenta, o l’appalto e/o il distacco non genuini, ovvero in tutti i casi in cui viene accertato che il datore di lavoro formale registrato sui libri obbligatori di lavoro e nelle comunicazioni telematiche obbligatorie (unilav, ecc.) non è il datore di lavoro effettivo, procedono ad addebitare tutta la contribuzione previdenziale dovuta nei confronti dei lavoratori illecitamente occupati al datore di lavoro effettivo, rimandando agli uffici amministrativi di fare salva la contribuzione eventualmente versata dal pseudo-datore di lavoro.

Una scelta obbligata dal fatto che l’art. 2115 del Codice Civile impone all’imprenditore/datore la responsabilità del versamento del contributo, anche per la parte che è a carico del prestatore di lavoro. Nel momento in cui viene accertato un datore di lavoro debitamente “occultato”, questi diventa il soggetto giuridico destinatario degli obblighi previsti dall'articolo 2115 C.C., in virtù dell’autonomia del rapporto previdenziale e anche dall’orientamento giurisprudenziale consolidato ribadito chiaramente anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare n. 10 del 11/07/2018 nei passaggi di seguito riportati:

“...Sul piano invece del recupero contributivo va considerato che il rapporto previdenziale intercorrente tra datore di lavoro ed Ente previdenziale trova la propria fonte nella legge e presuppone esclusivamente l’instaurazione di fatto di un rapporto di lavoro; come tale non consegue alla stipula di un atto di natura negoziale ed è indifferente alle sue vicende processuali essendo del tutto sottratto alla disponibilità delle parti (Cass. Sent. n. 17355/2017 e n. 6001/2012). In altri termini, lo stesso recupero contributivo non può ritenersi condizionato dalla scelta del lavoratore di adire l’A.G. per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore. In ambito previdenziale, infatti, vale il principio secondo cui «…l’unico rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo…» (Cass. Sent. n. 20/2016, n. 463/2012). Ne consegue, anche sulla base dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi nella vigenza della L. n. 1369/1960, che gli obblighi di natura pubblicistica in materia di assicurazioni sociali, una volta accertato che la prestazione lavorativa è resa in favore dell’utilizzatore – che si configura, pertanto quale datore di lavoro di fatto – gravano per l’intero su quest’ultimo.

La circolare INL n. 10/2018 ha fornito anche precise indicazioni sulla determinazione dell’imponibile contributivo da addebitare all’effettivo datore di lavoro: “...Il personale ispettivo, quindi, procederà alla determinazione dell’imponibile contributivo dovuto per il periodo di esecuzione dell’appalto avendo riguardo al CCNL applicabile al committente ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.L. n. 338/1989 e al conseguente recupero nei confronti dello stesso, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore. Tale impostazione, che prevede un coinvolgimento dello pseudo appaltatore nell’adempimento degli obblighi contributivi, è peraltro in linea con il principio tracciato dalla Corte Costituzionale in riferimento alla responsabilità solidale ex art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 nella recente sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017, in virtù della quale «…la tutela del soggetto che assicura un’attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento…», a prescindere dalla fattispecie negoziale utilizzata (cfr. anche INL circ. n. 6/2018).”

Con la novella normativa introdotta dal D.L. 19 del 02/03/2024, il legislatore, oltre a confermare i contenuti della predetta circolare, ribadisce con forza di legge che, anche se l’effettivo datore di lavoro diventa il responsabile principale degli obblighi contributivi e retributivi, lo pseudo-datore che ha formalmente costituito il rapporto di lavoro resta comunque obbligato in solido per tutti i doveri retributivi e contributivi legati ai lavoratori oggetto del “contratto” ritenuto non legittimo.

L’obbligazione solidale prevista dal comma 2 dell’art. 29 del D.lgs 276/2003, viene estesa agli pseudo-datori di lavoro a cui sia stata contestata la somministrazione illecita e/o fraudolenta o cui sia stato contestato l’appalto o il distacco non genuini in aggiunta alle relative sanzioni amministrative e/o penali.

A questo punto occorre ricordare che l’obbligazione solidale di cui all’art 29 del D.lgs 276/2003 non è l’unica forma di obbligazione solidale contributiva presente nel nostro ordinamento in quanto l’art. 35 del D.lgs 81/2015, disciplina l’obbligazione solidale tra i soggetti che hanno stipulato un legittimo contratto di somministrazione genuina di cui all’art. 30 del D.lgs 81/2015.

Il comma 2 dell’art. 35 del D.lgs 81/2015 recita, infatti, che “L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore”.

 

SANZIONI CIVILI (peculiarità)

 

A differenza di quanto previsto dal c. 2 dell’art. 29 del D.lgs 10/09/2003 n. 276, che ha espressamente escluso dalla responsabilità solidale “qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento”, tale aspetto non viene citato in nessun modo all'interno dell'art. 35 e fa ritenere che anche l'obbligato in solido sia ancora destinatario anche degli oneri aggiuntivi previsti dal comma 8, lettere a) e b) dell'articolo 116 della legge n. 388/2000.

Per quanto concerne la determinazione dell’imponibile contributivo da utilizzare per la verifica della regolarità contributiva delle retribuzioni applicate dalle aziende somministranti, il comma 2 dell’art. 35 del D.lgs 81/2015  garantisce ai lavoratori somministrati una forma di tutela contrattuale indicando che non possa essere applicata una retribuzione inferiore a quella prevista per i lavoratori subordinati occupati dall’azienda utilizzatrice: "Per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore".

Anche in questo caso occorrerà verificare che il contratto collettivo applicato dall’azienda utilizzatrice possieda i requisiti previsti dall’art. 1 della L.389/89, andando a contestare la contribuzione omessa sulle eventuali differenze retributive all’azienda somministrante, chiamando in solido l’azienda utilizzatrice.

Nel caso il contratto di somministrazione genuina fosse stato stipulato dall’azienda utilizzatrice per lo svolgimento di un contratto di appalto, subappalto, ecc., occorrerà chiamare in solido anche gli altri soggetti giuridici coinvolti della filiera produttiva (aziende appaltanti, consorzi, committenti, ecc.).

Con lo stesso verbale, le medesime violazioni contributive accertate nei confronti dei lavoratori somministrati genuinamente, saranno contestate:

  • all’agenzia di somministrazione in qualità di debitore principale;
  • all’azienda utilizzatrice in qualità di obbligato in solido ai sensi dell’art. 35 D.lgs 81/2015;
  • agli altri eventuali attori della filiera produttiva (aziende appaltanti, consorzi e committenti ecc.) in qualità di obbligati in solido ai sensi dell’art. 29 D.lgs 276/2003.

 

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INPS - Circolare n. 70 del 26-07-2023

 

Intervento del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto istituito dall’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297. Aggiornamento delle disposizioni vigenti in materia con la nuova disciplina introdotta dal codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (CCII).

 

TFR banconote

L'Istituto Nazionale di previdenza, con la circolare n. 70 emanata il 26/07/2023, in considerazione dell’entrata in vigore del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (con decorrenza 15 luglio 2022), recante “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155” (denominato CCII) e recependo gli orientamenti consolidati della giurisprudenza, aggiorna e riepiloga le disposizioni impartite nel tempo in tema di Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto (TFR) e dei crediti di lavoro.

La circolare sostituisce integralmente le circolari n. 74 del 15 luglio 2008 e n. 32 del 4 marzo 2010.

 

La circolare

 

 

 


Art 1677-bis del Codice Civile - Ripercussioni in materia di obbligazione solidale.

 

La legge di Bilancio 2022 ha introdotto l’art 1677-bis, “prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose” nel Codice Civile. La mancanza di maggiori specifiche potrebbe causare effetti indesiderati in materia di appalti e di obbligazione solidale ex art. 29 del D.lgs 276/2003.

 

(di Valerio Giusti e Michele Martino, Centro studi Aniv)

 

 

PREMESSA

Le nozioni di solidarietà sono indicate dall’art. 1292 del Codice Civile:

L'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.

La norma di riferimento dei lavoratori occupati in regime di appalto è invece l’art. 29 del D.lgs 276/2003 e successive modifiche ed integrazioni, più precisamente quanto previsto al comma 2:
In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento… (omissis)….

Si noti che il limite biennale dalla cessazione dell’appalto si riferisce esclusivamente all’eventuale azione del lavoratore e non è pertanto applicabile all'azione promossa dagli Enti Previdenziali che resta soggetta alla sola prescrizione quinquennale prevista dall’art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995, lettera b).

Tale concetto è stato sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18004 del 4 luglio 2019 la quale, dando ragione alle pretese avanzate dai verbali degli ispettori di Vigilanza dell’INPS, ha ribadito che la decadenza biennale prevista dall’art.29 non poteva estendersi all’Istituto previdenziale i cui diritti restano soggetti esclusivamente al termine di prescrizione quinquennale in quanto l’obbligo contributivo e quello retributivo rispondono ad una funzione diversa e sono distinti per natura, ambito di applicazione e rilevanza sociale.

Tale orientamento della Cassazione, consolidato dalla stessa Corte con la sentenza n. 22110 dello stesso anno, ha rilanciato una forte attenzione sulle tutele previdenziali dei lavoratori occupati dalle aziende che operano non solo nei contratti di appalto e subappalto ma anche nei contratti “affini” come quello di subfornitura, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza 6 dicembre 2017, n. 254 e dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 5 marzo 2020, n. 6299 (che riprende la sentenza n. 254).

Alla luce di quanto sopra, i termini prescrizionali per aggredire eventuali debiti contributivi riferiti a lavoratori operanti in regime di appalto, subappalto e subfornitura sono, quindi, quelli previsti dal citato art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995. Termini recentemente sospesi per ben due volte a causa della pandemia da Covid-19:
- la prima volta dal 23/02/2020 al 30/06/2020 (D.L. 18/2020);
- la seconda volta dal 31/12/2020 al 30/06/2021 (D.L. 183/2020).

Volendo fare un esempio, i contributi dovuti nei confronti dei lavoratori subordinati per il periodo di paga del mese di gennaio 2017, si dovranno considerare prescritti solo alla data successiva al 24/12/2022, sempre che a quella data non siano state attivate precise richieste di pagamento atte ad interrompere e riavviare la prescrizione quinquennale prevista, appunto, dalla Legge 335/95.

L'ARTICOLO 1677-BIS DEL CODICE CIVILE

Alla fine dello scorso anno, con l’art. 1, comma 819, della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (la Legge di Bilancio 2022), il legislatore è intervenuto sulla normativa preesistente introducendo un nuovo articolo del Codice civile, l’art 1677-bis, “prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose”, che così recita:
"Se l'appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di più servizi relativi alle attività di ricezione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili".

codice civile

Tale articolato è stato successivamente modificato tramite l'art. 37 bis del Decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (convertito con legge 29 giugno 2022, n. 79), e quindi l'ultima versione è la seguente:

«Art. 1677-bis. - (Prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose) - Se l'appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di due o più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili».

Gli articoli usciti recentemente sugli organi di stampa specializzata in materia di lavoro hanno immediatamente posto l’attenzione sulle ripercussioni in tema di obbligazione solidale, rifacendosi a quanto disposto dall’art. 83 bis del Decreto-legge 112/2008, convertito in legge 133/2008, che disciplina la responsabilità solidale nei contratti di trasporto.

In particolare i commi 4bis e 4ter:
- 4bis) al fine di garantire l'affidamento del trasporto a vettori in regola con l'adempimento degli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, il committente è tenuto a verificare preliminarmente alla stipulazione del contratto tale regolarità mediante acquisizione del documento di cui al comma 4-sexies (il DURC, ndr). In tal caso il committente non assume gli oneri di cui ai commi 4-ter e 4-quinquies. -
- 4ter) il committente che non esegue la verifica di cui al comma 4-bis ovvero di cui al comma 4-quater è obbligato in solido con il vettore, nonché con ciascuno degli eventuali sub-vettori, entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi agli enti competenti, dovuti limitatamente alle prestazioni ricevute nel corso della durata del contratto di trasporto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni amministrative di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

L’interpretazione data dalla stampa specializzata potrebbe avere un forte impatto limitante alla possibilità degli enti previdenziali di addebitare ai committenti la contribuzione evasa dalle aziende del settore logistico che, come ben sanno gli addetti ai lavori, soffre un continuo proliferare di aziende e cooperative spurie che non applicano nemmeno lontanamente i contratti collettivi più rappresentativi e sono avvezze ad evadere sistematicamente tributi e contributi. Aziende che effettuano un continuo e illegale dumping nei confronti delle aziende sane.

Dall’analisi letterale dell'articolo 1677-bis del C.C., alcuni professionisti del settore sostengono che le norme relative al contratto di trasporto si potrebbero applicare solo “...alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro”.
In realtà non è stato esplicitamente indicato nella norma che le operazioni di stoccaggio, manipolazione, custodia, carico e scarico siano comprese in questa attività di trasferimento. Anche perché, essendo le attività tipiche della logistica, se il legislatore avesse avuto quell’intendimento, avrebbe con più chiarezza indicato tutto il settore logistico.

Questa incertezza normativa potrebbe generare confusione e comportamenti diversi nell'ambito delle attività connesse al recupero dei crediti fiscali e contributivi mediante chiamata in solido dei committenti nel settore della logistica. Un settore che, senza un ulteriore modifica legislativa, rimarrebbe regolato dalla normativa previgente mentre la nuova norma si dovrebbe poter applicare solo agli autisti, conducenti o facchini accompagnatori che si occupano del trasferimento effettivo della merce.

A parere degli scriventi, l’art. 1677-bis non si può comunque applicare nei confronti delle pretese contributive dell’INPS per gli stessi motivi sanciti dalla Cassazione con sentenza n. 18004 del 4 luglio 2019 in materia di solidarietà.
La sentenza, che ha definito una volta per tutte la questione, ha ribadito il concetto secondo cui l’obbligazione retributiva e le altre norme che regolano il rapporto di lavoro devono essere tenuti distinte dall’obbligo contributivo, pur se tra loro connessi, in quanto la Corte ha espressamente chiarito che l'obbligazione contributiva, sussistente in capo all’INPS, deriva direttamente dalla legge, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva, ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (ad es. l’art. 1 L.389/89 ecc.).
In buona sostanza la Corte ha sottolineato la rilevanza sociale dell’obbligazione contributiva, che risponde all’interesse diretto della collettività, quale è il finanziamento del sistema previdenziale: e su questo interesse diretto, protetto dalla Legge, verte la connessione immanente tra la retribuzione dovuta e la pretesa impositiva dell’Ente previdenziale.

All’interno delle motivazioni della sentenza, la Corte ha ricordato che l’Ente ha la potestà, comunque, di attivare le azioni per il soddisfacimento dell’obbligo contributivo aldilà di quanto previsto dalle norme che regolano il rapporto di lavoro e/o commerciale tra le parti per non spezzare il nesso stretto tra retribuzione dovuta ed adempimento dell'obbligo contributivo, con conseguente vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore.
In sostanza, così come è avvenuto per la decadenza biennale indicata dal già richiamato comma 2 dell’art. 29 del D.lgs 276/2003, anche alla luce dell’art. 1677-bis, gli enti previdenziali dovranno continuare a pretendere il soddisfacimento degli obblighi contributivi ai soggetti cointeressati (committenti, appaltatori, ecc) in quanto soggetti alla sola prescrizione quinquennale (di cui alla Legge 335/1995), lasciando poi alla giurisprudenza la conferma di questo legittimo principio, così come è avvenuto con le sentenze n. 18004 del 4 luglio 2019 e n. 22110 del 4 settembre 2019.

 

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INL Circ. n. 6 del 29 marzo 2018

 

 

 


Bonus di 200 euro, precisazioni Inps

 

Indennità di 200 euro per lavoratori dipendenti introdotta con l’articolo 31, decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50: precisazioni dell'Inps con i messaggi 13 giugno 2022, n. 2397 e Con il messaggio 21 giugno 2022, n. 2505. Bonus di 200 euro ai pensionati e percettori di reddito di cittadinanza. Bonus di 200 euro alle altre categorie di beneficiari

 

(di Carmen Pierni, Centro studi Aniv)

 

Nel quadro delle misure urgenti adottate in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, il D.L. n. 50/2022 ha previsto all’articolo 31, comma 1, che “ai lavoratori dipendenti di cui all'articolo 1, comma 121, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, non titolari dei trattamenti di cui all'articolo 32 e che nel primo quadrimestre dell'anno 2022 hanno beneficiato dell'esonero di cui al predetto comma 121 per almeno una mensilità, è riconosciuta per il tramite dei datori di lavoro nella retribuzione erogata nel mese di luglio 2022, una somma a titolo di indennità una tantum di importo pari a 200 euro”.

modello F24 inps

Possono accedere a tale beneficio, ricorrendone i presupposti previsti dalla legge, tutti i lavoratori dipendenti di datori di lavoro, pubblici e privati, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore, a condizione che il lavoratore abbia beneficiato, nel primo quadrimestre dell'anno 2022, dell'esonero contributivo di cui al comma 121 della Legge 234/2021 per almeno una mensilità.

Si ricorda che tale ultima misura agevolativa sulla quota dei contributi IVS a carico dei lavoratori pari allo 0,8 punti percentuali è stata introdotta – mese per mese - per tutti i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, purché venga rispettato il limite della retribuzione mensile, da intendersi come retribuzione imponibile ai fini previdenziali, di 2.692,00 euro (circ. INPS n. 43/2022). Il bonus di 200 euro non è cedibile nè sequestrabile ne' pignorabile e non costituisce reddito nè ai fini fiscali nè ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali.

Esso è riconosciuto in misura fissa, una sola volta ed in automatico, previa acquisizione da parte del datore di lavoro di una dichiarazione con la quale il lavoratore dichiara di non percepire il bonus da parte di altro datore di lavoro e di non essere titolare di trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili e di reddito di cittadinanza (art. 32, commi 1 e 18 D.L. 50/22). Nell’ipotesi in cui dovesse risultare, per il medesimo lavoratore dipendente, che più datori di lavoro abbiamo compensato la predetta indennità una tantum di 200 euro, l’Istituto comunicherà a ciascun datore di lavoro interessato la quota parte dell’indebita compensazione effettuata, per la restituzione all’Istituto e il recupero verso il dipendente. Si precisa, al riguardo, che l’importo indebitamente riconosciuto al lavoratore, ai fini del recupero, sarà suddiviso in parti uguali tra i diversi datori di lavoro interessati alla restituzione.

L’INPS, con il messaggio n. 2505/2022, che segue il messaggio n. 2397/2022, chiarisce, altresì, d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che la retribuzione nella quale riconoscere l’indennità da parte dei datori di lavoro è quella di competenza del mese di luglio 2022, oppure, in ragione dell’articolazione dei singoli rapporti di lavoro (ad esempio, part-time ciclici) o della previsione dei CCNL, quella erogata nel mese di luglio del corrente anno, seppure di competenza del mese di giugno 2022. Il rapporto di lavoro, in ogni caso, deve sussistere nel mese di luglio 2022 e la predetta indennità deve essere erogata, sussistendo il rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato nel mese di luglio del corrente anno e gli altri requisiti posti dal menzionato articolo 31, anche laddove la retribuzione di competenza di luglio 2022 (o giugno 2022, secondo quanto chiarito in precedenza) risulti azzerata in virtù di eventi tutelati (ad esempio, in ragione della sospensione del rapporto di lavoro per ammortizzatori sociali in costanza di rapporto - CIGO/CIGS, FIS o Fondi di solidarietà, CISOA - o congedi).

Il credito maturato per effetto dell'erogazione dell'indennità sarà compensato dal datore di lavoro attraverso la denuncia contributiva mensile di competenza del mese di giugno 2022 o luglio 2022, secondo le indicazioni operative fornite dall’INPS con Messaggio Hermes n. 2397/2022 e n. 2505/2022.

Il datore, nelle denunce di competenza del mese di giugno 2022 o luglio 2022, dovrà valorizzare all’interno di <DenunciaIndividuale>, <DatiRetributivi>, <InfoAggcausaliContrib>, i seguenti elementi:
• nell’elemento <CodiceCausale> dovrà essere inserito il nuovo valore “L031”, avente il significato di “Recupero indennità una tantum articolo 31 comma 1 decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50.”;
• nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale> dovrà essere inserito in valore “N”;
• nell’elemento <AnnoMeseRif> dovrà essere indicato l’anno/mese “06- 07/2022”;
• nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> dovrà essere indicato l’importo da recuperare.

Per i lavoratori iscritti alla Gestione pubblica, per il recupero dell’indennità ad essi erogata, i datori di lavoro dovranno compilare nella denuncia del mese di luglio 2022 l’elemento <RecuperoSgravi> nel modo seguente:
• nell’elemento <AnnoRif> dovrà essere inserito l’anno 2022;
• nell’elemento <MeseRif> dovrà essere inserito il mese 06 o 07;
• nell’elemento <CodiceRecupero> dovrà essere inserito il valore “35” avente il significato di “Recupero indennità una tantum articolo 31 comma 1 decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50”;
• nell’elemento <Importo> dovrà essere indicato l’importo da recuperare.

I datori di lavoro agricoli, al fine di recuperare l’indennità pagata ai lavoratori in forza nel mese di luglio 2022 nelle denunce “Posagri” del mese di riferimento delle competenze, di giugno o luglio 2022, valorizzeranno in <DenunciaAgriIndividuale> l’elemento <TipoRetribuzione> con il <CodiceRetribuzione> “9”, avente il significato di “Recupero indennità una tantum articolo 31 comma 1 decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50”. Per gli elementi <TipoRetribuzione> che espongono il predetto <CodiceRetribuzione> “9” dovrà essere valorizzato unicamente l’elemento <Retribuzione> con l’importo dell’indennità una tantum da recuperare.
Il <CodiceRetribuzione> “9” potrà essere valorizzato:
•nei flussi di competenza del mese di giugno 2022 inviati entro il 31 agosto 2022, ultimo giorno utile per l’acquisizione dei flussi del secondo trimestre per la seconda emissione dell’anno 2022;
•nei flussi di competenza del mese di luglio 2022 inviati entro il 30 novembre 2022, ultimo giorno utile per l’acquisizione dei flussi del terzo trimestre per la terza emissione dell’anno 2022.

Bonus di 200 euro ai pensionati e percettori di reddito di cittadinanza.

Il D.L. prevede l’erogazione d’ufficio dell’una tantum di euro 200,00 da parte dell’INPS con la mensilità di luglio 2022 ai titolare di trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili e di reddito di cittadinanza.

Qualora i soggetti risultino titolari esclusivamente di trattamenti non gestiti dall'INPS, il casellario centrale dei pensionati individua l'Ente previdenziale incaricato dell'erogazione dell'indennità una tantum che provvede negli stessi termini e alle medesime condizioni ed è successivamente rimborsato dall'INPS a seguito di apposita rendicontazione.

Anche ai nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza l’indennità in parola è corrisposta d'ufficio dall’INPS nel mese di luglio 2022, unitamente alla rata mensile di competenza, con esclusione, però, dei nuclei in cui è presente almeno un beneficiario delle indennità di cui all'articolo 31 e di cui ai commi da 1 a 16 dell’art. 32. In questi casi, l’erogazione avverrà sulla base dei dati disponibili all'Ente erogatore al momento del pagamento ed è soggetta alla successiva verifica del reddito, anche attraverso le informazioni fornite in forma disaggregata per ogni singola tipologia di redditi dall'Amministrazione finanziaria e ogni altra amministrazione pubblica che detiene informazioni utili.

L’INPS erogherà l’indennità una tantum di 200 euro anche ai percettori di Naspi, DIS-COLL e di disoccupazione agricola di competenza del 2021.

Bonus di 200 euro alle altre categorie di beneficiari

L'INPS erogherà, altresì, il bonus a domanda:
• ai lavoratori domestici che abbiano in essere uno o più rapporti di lavoro alla data di entrata in vigore del decreto legge. Le domande possono essere presentate presso gli Istituti di Patronato.
• ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile i cui contratti sono attivi alla data di entrata in vigore del D.L. , che siano iscritti alla Gestione separata INPS e che abbiano un reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 35.000 euro per l'anno 2021;
• ai lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 che, nel 2021 abbiano svolto la prestazione per almeno 50 giornate. Anche in questo caso l'indennità è corrisposta ai soggetti che abbiano un reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 35.000 euro per l'anno 2021;
• ai lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo che, nel 2021 abbiano almeno 50 contributi giornalieri versati, purché abbiano un reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 35.000 euro per l'anno 2021;
• ai lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie che, nel 2021 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali riconducibili alle disposizioni di cui all'articolo 2222 del codice civile. Per tali contratti deve risultare per il 2021 l'accredito di almeno un contributo mensile e i lavoratori devono essere già iscritti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 50/2022 alla Gestione separata;
• agli incaricati alle vendite a domicilio di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 con reddito nell'anno 2021 derivante dalle medesime attività superiore a 5.000 euro e titolari di partita IVA attiva, iscritti alla data di entrata in vigore D.L. alla Gestione separata.

Fondo per il sostegno del potere d'acquisto dei lavoratori autonomi

Per i lavoratori autonomi e professionisti, le regole sono contenute nell’articolo 33 del D.L. n. 50/2022, che prevede la creazione di un Fondo specifico, con un finanziamento di 500 milioni di euro, per erogare la somma una tantum di 200 euro ai titolari di Partita IVA e ai professionisti iscritti alle casse di previdenza private di categoria. In questo caso, la legge non specifica entro quali limiti di reddito scatterà il diritto al bonus perché le regole sono demandate ad un apposito decreto ministeriale.

Il Fondo sarà destinato ai Professionisti, titolari di partita iva, iscritti alle Casse di previdenza dei professionisti, agli artigiani ed esercenti attività commerciali, ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, agli Imprenditori agricoli a titolo principale (IAP), agli Autonomi iscritti alla gestione separata INPS, ad esclusione dei collaboratori coordinati e continuativi.

 

 

 

 


INPS - Messaggio n. 1911 del 13/05/2021

 

Esonero contributivo parziale dal pagamento dei contributi Inps per autonomi e professionisti previsto dall'art. 1 commi 20-22, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.

(a cura di Michele Martino)

 

modello F24 inps

 

L’articolo 1, commi dal 20 al 22, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di bilancio per l'anno 2021), per supportare la variegata platea dei lavoratori autonomi e dei professionisti, che come noto ha subito forti penalizzazioni a causa della pandemia da Covid-19 e dalle chiusure dovute al lockdown, ha disposto per l’anno 2021 l’esonero parziale della contribuzione previdenziale e assistenziale dovuta dai lavoratori autonomi e dai liberi professionisti iscritti alle gestioni autonome speciali dell’INPS e alle casse previdenziali professionali autonome, che si trovino nella condizione di aver percepito, nel periodo d'imposta 2019, un reddito complessivo lordo imponibile ai fini IRPEF non superiore a 50.000 euro e abbiano subito, nell'anno 2020, un calo del fatturato o dei corrispettivi non inferiore al 33 per cento rispetto a quelli dell'anno precedente, vale a dire rispetto al 2019.

L’articolo 1, comma 21, della legge n. 178/2020, in particolare, demandava la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dell'esonero in oggetto all’adozione di uno o più decreti da parte del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, il cui iter di pubblicazione è in corso di definizione.

Con il messaggio 1911 del 13-05-2021 l'Istituto di previdenza, dopo aver acquisito il nullaosta da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in attesa della pubblicazione del primo decreto interministeriale (di cui ne disponiamo copia col testo firmato dal ministro Orlando) e vista la scadenza ormai prossima del 17 maggio 2021 quale data ultima per il versamento della prima rata dei contributi (fissi, relativi 1° trimestre 2021) dovuti dai soggetti iscritti alle gestioni autonome artigiani e degli esercenti attività commerciali gestite dall’INPS, comunica il differimento al 20 agosto 2021 del termine di pagamento della rata suddetta.

Abbiamo ricevuto da più parti una richiesta di parere e chiarimenti in merito all'esonero dal versamento e al correlato accredito dei contributi sulla posizione individuale dei lavoratori. Dal contenuto normativo si desume che, trattandosi di esonero previsto per legge e finanziato da un fondo all'uopo istituito, per gli aventi diritto l'accredito della contribuzione trimestrale sarà operato dall'Inps senza alcuna limitazione.

 

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INPS - Circolare n. 105 del 18-09-2020

 

Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione previsto dall'articolo 3 del D.L. n. 104 del 14 agosto 2020, recante “Misure eurgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia” (pubblicato nella G.U. 203 del 14 agosto 2020).

 

L’articolo 3 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, ha previsto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali per le aziende che non richiedano ulteriori trattamenti di cassa integrazione. Con la circolare n. 105 del 18 settembre 2020 l'Inps fornisce le prime indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi alla predetta misura di esonero contributivo.

 

La circolare

 

 

 


coloni

INPS - Circolare n. 97 del 28-08-2020

 

Prestazioni economiche di malattia, di maternità/paternità e di tubercolosi per i compartecipanti familiari e i piccoli coloni. Retribuzioni di riferimento per l’anno 2020.

 

Con la circolare 97 del 28-08-2020 l'Inps comunica gli importi giornalieri sulla cui base dovranno essere determinate, per l’anno 2020, le prestazioni economiche di malattia, di maternità/paternità e di tubercolosi per i piccoli coloni e i compartecipanti familiari. L'Inps ha aggiornato le tabelle per il calcolo delle prestazioni per l'anno 2020 in conseguenza del decreto 7 luglio 2020 del Direttore generale per le Politiche previdenziali e assicurative del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Il testo integrale del decreto è stato pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed è consultabile all'indirizzo: www.lavoro.gov.it nella sezione «pubblicità legale».

TESTO: "Con la circolare n. 89 del 27 luglio 2020 sono state comunicate, ai fini dei versamenti dei contributi integrativi volontari per l’anno 2020, le retribuzioni medie giornaliere valide per i piccoli coloni e i compartecipanti familiari, determinate con il decreto del 7 luglio 2020 del Direttore generale per le Politiche previdenziali e assicurative del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali..."

 

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INPS - Messaggio n. 2103 del 21-05-2020

durc

  

La validità del DURC in seguito all'emanazione del Decreto-Legge n. 34 del 19 maggio 2020, c.d. Decreto Rilancio.

(di Michele Martino, Centro Studi Aniv)

 

Tra le disposizioni contenute nel D.L. 18 del 17 marzo 2020, emanate dal Governo in seguito all’emergenza Covid-19, una riguardava il Documento unico di regolarità contributiva (Durc) e testualmente recitava “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020” (articolo 103, comma 2).

Con la Legge n. 27 del 24 aprile 2020, di conversione del citato decreto, è stato sostituito il testo del comma 2 prevedendo che “Tutti i certificati, attestati, permessi...(omissis)... in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza”. Quindi la validità del DURC veniva estesa (con forse troppa generosità?) ben oltre la data del 31 luglio 2020.

Con il D.L. 34 del 19 maggio 2020, c.d. Decreto Rilancio, la validità dei DURC rilasciati nella “fase Covid” viene nuovamente modificata, disponendo che i DURC in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020 conservano validità sino al 15 giugno 2020.

L’Inps è intervenuto con il messaggio n. 2103 del 21 maggio 2020, precisando che la previsione suddetta comporta che, alle richieste di DURC inoltrate agli Enti dal 16 aprile 2020, si applicano gli ordinari criteri previsti dal D.M. 30 gennaio 2015 e dal D.M. 23 febbraio 2016.

Nel messaggio l’Istituto previdenziale precisa, inoltre, che gli adempimenti ed i versamenti oggetto di sospensioni stabilite dalle disposizioni emanate per l’emergenza Covid-19 non possono essere valutati ai fini della verifica per il rilascio del DURC.

 

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