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Art 1677-bis del Codice Civile - Ripercussioni in materia di obbligazione solidale.

 

La legge di Bilancio 2022 ha introdotto l’art 1677-bis, “prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose” nel Codice Civile. La mancanza di maggiori specifiche potrebbe causare effetti indesiderati in materia di appalti e di obbligazione solidale ex art. 29 del D.lgs 276/2003.

 

(di Valerio Giusti e Michele Martino, Centro studi Aniv)

 

 

PREMESSA

Le nozioni di solidarietà sono indicate dall’art. 1292 del Codice Civile:

L'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.

La norma di riferimento dei lavoratori occupati in regime di appalto è invece l’art. 29 del D.lgs 276/2003 e successive modifiche ed integrazioni, più precisamente quanto previsto al comma 2:
In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento… (omissis)….

Si noti che il limite biennale dalla cessazione dell’appalto si riferisce esclusivamente all’eventuale azione del lavoratore e non è pertanto applicabile all'azione promossa dagli Enti Previdenziali che resta soggetta alla sola prescrizione quinquennale prevista dall’art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995, lettera b).

Tale concetto è stato sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18004 del 4 luglio 2019 la quale, dando ragione alle pretese avanzate dai verbali degli ispettori di Vigilanza dell’INPS, ha ribadito che la decadenza biennale prevista dall’art.29 non poteva estendersi all’Istituto previdenziale i cui diritti restano soggetti esclusivamente al termine di prescrizione quinquennale in quanto l’obbligo contributivo e quello retributivo rispondono ad una funzione diversa e sono distinti per natura, ambito di applicazione e rilevanza sociale.

Tale orientamento della Cassazione, consolidato dalla stessa Corte con la sentenza n. 22110 dello stesso anno, ha rilanciato una forte attenzione sulle tutele previdenziali dei lavoratori occupati dalle aziende che operano non solo nei contratti di appalto e subappalto ma anche nei contratti “affini” come quello di subfornitura, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza 6 dicembre 2017, n. 254 e dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 5 marzo 2020, n. 6299 (che riprende la sentenza n. 254).

Alla luce di quanto sopra, i termini prescrizionali per aggredire eventuali debiti contributivi riferiti a lavoratori operanti in regime di appalto, subappalto e subfornitura sono, quindi, quelli previsti dal citato art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995. Termini recentemente sospesi per ben due volte a causa della pandemia da Covid-19:
- la prima volta dal 23/02/2020 al 30/06/2020 (D.L. 18/2020);
- la seconda volta dal 31/12/2020 al 30/06/2021 (D.L. 183/2020).

Volendo fare un esempio, i contributi dovuti nei confronti dei lavoratori subordinati per il periodo di paga del mese di gennaio 2017, si dovranno considerare prescritti solo alla data successiva al 24/12/2022, sempre che a quella data non siano state attivate precise richieste di pagamento atte ad interrompere e riavviare la prescrizione quinquennale prevista, appunto, dalla Legge 335/95.

L'ARTICOLO 1677-BIS DEL CODICE CIVILE

Alla fine dello scorso anno, con l’art. 1, comma 819, della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (la Legge di Bilancio 2022), il legislatore è intervenuto sulla normativa preesistente introducendo un nuovo articolo del Codice civile, l’art 1677-bis, “prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose”, che così recita:
"Se l'appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di più servizi relativi alle attività di ricezione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili".

codice civile

Tale articolato è stato successivamente modificato tramite l'art. 37 bis del Decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (convertito con legge 29 giugno 2022, n. 79), e quindi l'ultima versione è la seguente:

«Art. 1677-bis. - (Prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose) - Se l'appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di due o più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili».

Gli articoli usciti recentemente sugli organi di stampa specializzata in materia di lavoro hanno immediatamente posto l’attenzione sulle ripercussioni in tema di obbligazione solidale, rifacendosi a quanto disposto dall’art. 83 bis del Decreto-legge 112/2008, convertito in legge 133/2008, che disciplina la responsabilità solidale nei contratti di trasporto.

In particolare i commi 4bis e 4ter:
- 4bis) al fine di garantire l'affidamento del trasporto a vettori in regola con l'adempimento degli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, il committente è tenuto a verificare preliminarmente alla stipulazione del contratto tale regolarità mediante acquisizione del documento di cui al comma 4-sexies (il DURC, ndr). In tal caso il committente non assume gli oneri di cui ai commi 4-ter e 4-quinquies. -
- 4ter) il committente che non esegue la verifica di cui al comma 4-bis ovvero di cui al comma 4-quater è obbligato in solido con il vettore, nonché con ciascuno degli eventuali sub-vettori, entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi agli enti competenti, dovuti limitatamente alle prestazioni ricevute nel corso della durata del contratto di trasporto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni amministrative di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

L’interpretazione data dalla stampa specializzata potrebbe avere un forte impatto limitante alla possibilità degli enti previdenziali di addebitare ai committenti la contribuzione evasa dalle aziende del settore logistico che, come ben sanno gli addetti ai lavori, soffre un continuo proliferare di aziende e cooperative spurie che non applicano nemmeno lontanamente i contratti collettivi più rappresentativi e sono avvezze ad evadere sistematicamente tributi e contributi. Aziende che effettuano un continuo e illegale dumping nei confronti delle aziende sane.

Dall’analisi letterale dell'articolo 1677-bis del C.C., alcuni professionisti del settore sostengono che le norme relative al contratto di trasporto si potrebbero applicare solo “...alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro”.
In realtà non è stato esplicitamente indicato nella norma che le operazioni di stoccaggio, manipolazione, custodia, carico e scarico siano comprese in questa attività di trasferimento. Anche perché, essendo le attività tipiche della logistica, se il legislatore avesse avuto quell’intendimento, avrebbe con più chiarezza indicato tutto il settore logistico.

Questa incertezza normativa potrebbe generare confusione e comportamenti diversi nell'ambito delle attività connesse al recupero dei crediti fiscali e contributivi mediante chiamata in solido dei committenti nel settore della logistica. Un settore che, senza un ulteriore modifica legislativa, rimarrebbe regolato dalla normativa previgente mentre la nuova norma si dovrebbe poter applicare solo agli autisti, conducenti o facchini accompagnatori che si occupano del trasferimento effettivo della merce.

A parere degli scriventi, l’art. 1677-bis non si può comunque applicare nei confronti delle pretese contributive dell’INPS per gli stessi motivi sanciti dalla Cassazione con sentenza n. 18004 del 4 luglio 2019 in materia di solidarietà.
La sentenza, che ha definito una volta per tutte la questione, ha ribadito il concetto secondo cui l’obbligazione retributiva e le altre norme che regolano il rapporto di lavoro devono essere tenuti distinte dall’obbligo contributivo, pur se tra loro connessi, in quanto la Corte ha espressamente chiarito che l'obbligazione contributiva, sussistente in capo all’INPS, deriva direttamente dalla legge, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva, ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (ad es. l’art. 1 L.389/89 ecc.).
In buona sostanza la Corte ha sottolineato la rilevanza sociale dell’obbligazione contributiva, che risponde all’interesse diretto della collettività, quale è il finanziamento del sistema previdenziale: e su questo interesse diretto, protetto dalla Legge, verte la connessione immanente tra la retribuzione dovuta e la pretesa impositiva dell’Ente previdenziale.

All’interno delle motivazioni della sentenza, la Corte ha ricordato che l’Ente ha la potestà, comunque, di attivare le azioni per il soddisfacimento dell’obbligo contributivo aldilà di quanto previsto dalle norme che regolano il rapporto di lavoro e/o commerciale tra le parti per non spezzare il nesso stretto tra retribuzione dovuta ed adempimento dell'obbligo contributivo, con conseguente vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore.
In sostanza, così come è avvenuto per la decadenza biennale indicata dal già richiamato comma 2 dell’art. 29 del D.lgs 276/2003, anche alla luce dell’art. 1677-bis, gli enti previdenziali dovranno continuare a pretendere il soddisfacimento degli obblighi contributivi ai soggetti cointeressati (committenti, appaltatori, ecc) in quanto soggetti alla sola prescrizione quinquennale (di cui alla Legge 335/1995), lasciando poi alla giurisprudenza la conferma di questo legittimo principio, così come è avvenuto con le sentenze n. 18004 del 4 luglio 2019 e n. 22110 del 4 settembre 2019.

 

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