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INL - Circolare n. 1 del 08/02/2021

           Lavoro intermittente e CCNL

 

lavoro intermittente 1

 

In seguito ad alcune recenti pronunce giurisprudenziali, cui sono seguite le note prot. 930 e 931 del 01/02/2021 dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro in data 8 febbraio 2021 ha diramato la circolare n. 1 con la quale ha fornito chiarimenti riguardo al campo di applicazione del lavoro intermittente ed alle limitazioni imposte ai CCNL, ai quali è precluso porre divieti all'utilizzo di tale forma contrattuale.

 

(di Anna Rita Caruso, Centro studi Aniv)

 

L’art. 13 del D.Lgs. 81/2015, c.d. jobs act, prevede che il datore di lavoro può utilizzare la prestazione lavorativa intermittente secondo le esigenze individuate dai CCNL, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro.

Il contratto può essere concluso con soggetti con meno di 24 anni, purché le prestazioni siano svolte entro il venticinquesimo anno, oppure soggetti con più di 55 anni. Con l'eccezione dei settori del turismo, pubblici esercizi e spettacolo, il contratto intermittente è ammesso con il medesimo datore di lavoro, per un periodo non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari. In caso di superamento, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto a tempo pieno e indeterminato. Nei periodi in cui non viene utilizzata la prestazione, il lavoratore non matura alcun trattamento economico, salvo abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità.

È vietato il ricorso al lavoro intermittente per la sostituzione di lavoratori in sciopero, presso unità ove si è proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi o nelle quali è operante una sospensione o riduzione dell'orario causa CIG, nonché per i datori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi. Il contratto è stipulato in forma scritta e deve contenere: durata, luogo, modalità della disponibilità, preavviso di chiamata non inferiore a un giorno lavorativo, trattamento economico, modalità con cui il datore è legittimato a richiedere la prestazione, modalità di pagamento e indennità di disponibilità. Prima della prestazione o di un ciclo integrato fino a 30 giorni, il datore è tenuto a comunicarne la durata alla Direzione territoriale del lavoro mediante sms o posta elettronica. In caso di violazione degli obblighi si applica la sanzione da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124. La misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, è determinata dai CCNL e non è inferiore all'importo fissato con decreto del Ministro del lavoro. In caso di malattia il lavoratore è tenuto a informare il datore e, laddove non provveda all'adempimento, questi perde il diritto all'indennità per un periodo di 15 giorni. Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità. Il lavoratore intermittente non deve ricevere un trattamento economico meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello; lo stesso trattamento è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita dal lavoratore intermittente.

Con l’interpello n. 37/2008 il Ministero del Lavoro ribadisce che i contratti collettivi sono chiamati ad individuare le condizioni in presenza delle quali risulta possibile utilizzare il contratto intermittente. In assenza di previsioni contrattuali, l’art. 40 del D.Lgs. n. 276/2003, individua i “casi in cui è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente” mediante il D.M. 23 ottobre 2004 che rinvia alla tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. n. 2657/1923 (mantenuto in vigore dal D.L. n. 112/2008 come convertito dalla L. n. 133/2008).

Con la nota n. 18194/2016 lo stesso Ministero del Lavoro ricorda che l’art. 13 del D.lgs 81/2015 demanda al contratto collettivo l’individuazione delle esigenze organizzative e produttive con riferimento alle quali possono svolgersi prestazioni di lavoro intermittente. In mancanza di tali previsioni contrattuali, supplisce, allo stato ed in virtù di quanto previsto dall’art. 55, comma 3, del D.Lgs. 81/2015, il DM 23.10.2004 che fa rinvio alla tabella allegata al RD 2657/23. Il richiamato articolo 13 quindi non sembra escludere che la contrattazione collettiva possa stabilire il divieto di utilizzo di tale forma contrattuale. In tali casi, resta comunque legittimo il ricorso al lavoro intermittente quando sussistano i requisiti soggettivi atteso che l’art. 13, comma 2, del D. Lgs. n. 81/2015 prevede che il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età (purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno) e con lavoratori con più di 55 anni.

Ne consegue che la violazione delle clausole contrattuali che escludano il ricorso al lavoro intermittente determina, laddove non ricorrano i requisiti soggettivi sopra richiamati, una carenza in ordine alle condizioni legittimanti l’utilizzo di tale forma contrattuale e la conseguente applicazione della sanzione della conversione in rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato, così come chiarito nella circolare n. 20/2012.

Ora, la sentenza della Cassazione n. 29423/2019 cambia rotta rispetto alle indicazioni precedenti e stabilisce che i CCNL possono disciplinare l’intermittente, individuando solo i motivi, ma non sono legittimati a vietarne l'impiego, come invece era stato ipotizzato nella nota del M.L. n. 18194/2016.
Ciò significa che la sentenza in esame conferma la piena legittimità del contratto intermittente stipulato tra un
datore di lavoro ed un lavoratore sulla base del citato R.D. n. 2657/1923 richiamato dal D.M. del Ministro del Lavoro del 23 ottobre 2004, nonostante le parti sociali nel CCNL abbiamo escluso la possibilità del ricorso alle prestazioni di lavoro intermittente.

La Corte riferisce che non esiste alcun ruolo delegato alle parti sociali finalizzato a vietare l'utilizzo del lavoro intermittente, ma soltanto una delega finalizzata ad individuare la casistica ovvero i motivi per farne ricorso. Secondo i giudici il D.M. ha una natura sostitutiva, in attesa che le parti nel CCNL individuino le ipotesi alle quali sia possibile il ricorso a tale tipologia contrattuale.

L’ispettore deve ricordare che un CCNL non può vietare l’applicazione del contratto intermittente ad un determinato settore, ma può solo regolamentare le ragioni del ricorso. Pertanto, non posso disconoscere un contratto intermittente perché illegittimo in virtù di quanto statuito nel CCNL, posso disconoscerlo solo se non vi sono le ragioni oggettive individuate nel CCNL o sono violati i requisiti stabiliti dalla legge (meno di 24 anni, più di 55 anni, superamento delle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari, utilizzo per la sostituzione di lavoratori in sciopero, utilizzo presso unità ove si è proceduto nei 6 mesi precedenti a licenziamenti collettivi o nelle quali è operante una Cassa integrazione, nonché per i datori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi).

Ciò detto, l’ispettore dovrà conformarsi alla pronuncia della Suprema Corte, nel senso di non tener conto, nell’ambito dell’attività di vigilanza, di eventuali clausole sociali che si limitino a “vietare” il ricorso al lavoro intermittente. Occorrerà quindi limitarsi a verificare se il ricorso al lavoro intermittente sia invece ammissibile in virtù dell'applicazione delle ipotesi c.d. oggettive individuate nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 oppure delle ipotesi c.d. soggettive, ossia “con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, o con più di 55 anni”.

La sentenza ha evidenziato che l’art. 34, comma 1 del D.Lgs. n. 276 del 2003 si limita a demandare al CCNL l’individuazione delle esigenze per le quali è consentita la stipula di un contratto intermittente, senza riconoscere alle parti sociali alcun potere di interdizione, né un siffatto potere di veto può ritenersi dal rinvio alla disciplina collettiva che concerne solo un particolare aspetto della figura contrattuale ovvero la disciplina delle situazioni che giustificano il ricorso all’intermittente.

La sentenza mette dunque in evidenza la circostanza secondo cui alle parti sociali è affidata l’individuazione delle sole “esigenze” che giustificano il ricorso a tale tipologia contrattuale, posto che alle parti sociali non è riconosciuto alcun altro potere interdittivo.

Il Ministero del lavoro ha chiarito che l’attuale CCNL non individua le esigenze per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente. Di conseguenza si deve fare riferimento alla tabella allegata al R.D. n. 2657/1923 che tra le attività discontinue annovera quella del personale addetto al trasporto di persone e merci, in particolare addetti ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’Ispettorato non abbiano carattere di discontinuità. Il Ministero ha argomentato che la discontinuità è riferibile alle sole attività del personale addetto al carico/scarico, quale ulteriore “sotto categoria” rispetto a quanti sono adibiti al trasporto, “con esclusione delle altre attività, ivi comprese l’autista”.

A questa interpretazione non è di ostacolo la citata sentenza della Cassazione, la quale si è limitata a stabilire il principio secondo cui non è previsto, in capo alla contrattazione collettiva, alcun potere di interdire il ricorso all’intermittente, senza dunque affrontare la questione interpretativa del punto 8 della tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923.

 

INL - Circolare n. 1 del 8 febbraio 2021

 


Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell'autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l'Amministrazione di appartenenza.